Sempre per riattivare il cervello in questi giorni di follia collettiva che sta vivendo questo paese, vi propongo un articolo molto interessante di un giornale online che si chiama lavoce.info. Non condivido tutto quello che dicono, ma sono una delle poche fonti giornalistiche chiare in questo paese che non usa la demagogia ma che tenta di riallacciare i fili di un ragionamento lineare e sensato.... è in basi a discussioni come questa che anche a sinistra possiamo riallacciare i fili di una proposta di società diversa...
IL VICINO ROM
di Maurizio Ambrosini 20.05.2008Dal punto di vista dei numeri, non c’è ragione di lamentare "invasioni" di rom e sinti nel nostro paese. Piuttosto sono assai problematiche le politiche adottate per la gestione di queste minoranze. Nel migliore dei casi si sono allestiti i campi nomadi, diventati oggi un aspetto saliente del problema. Servono invece soluzioni abitative plurime, negoziate con i diretti interessati e con le comunità locali. E progetti più ampi, con il coinvolgimento e la responsabilizzazione dei destinatari, la condivisione di regole, la presenza di figure di mediazione e accompagnamento.
Per l’Italia, i dati si attestano intorno alla cifra di 120-150mila unità, e dunque pur aggiungendo un incremento in seguito all’ingresso nell’Unione di nuovi paesi membri come Bulgaria e Romania, dal punto di vista quantitativo, il nostro paese non avrebbe molti elementi di fatto per lamentare un’insopportabile invasione delle minoranze più stigmatizzate d’Europa.
IL (NON) GOVERNO DELLA QUESTIONE
Il caso italiano si rivela invece assai problematico se prendiamo in considerazione le politiche indirizzate alla gestione delle popolazioni rom e sinte. Qui due considerazioni si impongono.
1) Come ha ricordato nell’autunno scorso Barroso, a nome dell’Unione europea, l’Italia non ha richiesto fondi comunitari per realizzare politiche rivolte a rom e sinti, a differenza della Spagna e di altri paesi. Del resto, si potrebbe chiosare, in varie regioni nel passato i fondi disponibili non sono stati richiesti dai comuni, per nulla intenzionati a realizzare strutture d’accoglienza o altri servizi per questi scomodi vicini di casa.
D’altronde, anche affrontare l’argomento nominando un “commissario per i rom” suona in maniera inquietante, perché individua una minoranza etnico-linguistica come destinataria di misure ad hoc.
AL DI LÀ DEI CAMPI
Il conflitto apparentemente insolubile tra popolazione maggioritaria e installazione di gruppi rom e sinti in appositi “campi” richiede di spostare la discussione su un altro piano, ponendo a tema il superamento o almeno la flessibilizzazione della forma-campo, inteso come insediamento eterodiretto, numeroso, istituzionalmente controllato, di fatto permanente, collocato ai margini dei contesti urbani, scollegato da interventi adeguati di integrazione e promozione sociale. Servono invece soluzioni abitative plurime, negoziate con i diretti interessati e con le comunità locali. Servono poi progetti più ampi, che comportino il coinvolgimento e la responsabilizzazione dei destinatari, la condivisione di regole, la presenza di figure di mediazione e accompagnamento. Serve la repressione dei comportamenti illegali, senza criminalizzazioni collettive e pregiudiziali. Serve l’impegno di associazioni e operatori dotati di competenze specifiche. Serve l’investimento in progetti di avvio al lavoro e alla microimprenditorialità.
(1)Cerd, Committee on the Elimination of Racial Discrimination.