5/29/2008

IL VICINO ROM

Sempre per riattivare il cervello in questi giorni di follia collettiva che sta vivendo questo paese, vi propongo un articolo molto interessante di un giornale online che si chiama lavoce.info. Non condivido tutto quello che dicono, ma sono una delle poche fonti giornalistiche chiare in questo paese che non usa la demagogia ma che tenta di riallacciare i fili di un ragionamento lineare e sensato.... è in basi a discussioni come questa che anche a sinistra possiamo riallacciare i fili di una proposta di società diversa...

IL VICINO ROM

di Maurizio Ambrosini 20.05.2008

Dal punto di vista dei numeri, non c’è ragione di lamentare "invasioni" di rom e sinti nel nostro paese. Piuttosto sono assai problematiche le politiche adottate per la gestione di queste minoranze. Nel migliore dei casi si sono allestiti i campi nomadi, diventati oggi un aspetto saliente del problema. Servono invece soluzioni abitative plurime, negoziate con i diretti interessati e con le comunità locali. E progetti più ampi, con il coinvolgimento e la responsabilizzazione dei destinatari, la condivisione di regole, la presenza di figure di mediazione e accompagnamento.

Secondo le ultime stime disponibili, di Caritas-Migrantes, in Europa vivono all’incirca 9 milioni di rom e sinti, di cui meno di 2 milioni nell’Europa Occidentale. Tra i paesi più interessati dal fenomeno, troviamo la Spagna con una popolazione compresa fra le 650mila e le 800mila unità, la Francia con valori stimati tra 280mila e 340mila, la Grecia, tra 160mila e 200mila.

Per l’Italia, i dati si attestano intorno alla cifra di 120-150mila unità, e dunque pur aggiungendo un incremento in seguito all’ingresso nell’Unione di nuovi paesi membri come Bulgaria e Romania, dal punto di vista quantitativo, il nostro paese non avrebbe molti elementi di fatto per lamentare un’insopportabile invasione delle minoranze più stigmatizzate d’Europa.

Sarebbe bene, fra l’altro, parlarne al plurale, giacché si tratta di un mosaico di popolazioni per molti aspetti diverse: nazionalità, data di arrivo, religione, e così via. Quasi la metà, oggi, è presumibilmente in possesso della cittadinanza italiana, a volte da secoli; l’altra parte, è composta da gruppi stratificati per titoli di soggiorno e dotazione di diritti, con una cospicua quota di neo-comunitari, insieme a rifugiati, apolidi, stranieri in possesso o meno di permesso di soggiorno. Anche l’etichetta “nomadi” traduce più un pregiudizio che una situazione di fatto: solo una minoranza, compresa tra il 15 e il 30 per cento, conduce ancora una vita itinerante; molti non sono più nomadi da tempo, o non lo sono mai stati.

IL (NON) GOVERNO DELLA QUESTIONE

Il caso italiano si rivela invece assai problematico se prendiamo in considerazione le politiche indirizzate alla gestione delle popolazioni rom e sinte. Qui due considerazioni si impongono.

1) Come ha ricordato nell’autunno scorso Barroso, a nome dell’Unione europea, l’Italia non ha richiesto fondi comunitari per realizzare politiche rivolte a rom e sinti, a differenza della Spagna e di altri paesi. Del resto, si potrebbe chiosare, in varie regioni nel passato i fondi disponibili non sono stati richiesti dai comuni, per nulla intenzionati a realizzare strutture d’accoglienza o altri servizi per questi scomodi vicini di casa.

2) La misura più diffusa, nei casi benintenzionati, per intervenire sulla domanda abitativa di queste minoranze consiste nell’allestimento dei cosiddetti “campi nomadi”, che col tempo però da soluzione sono diventati un aspetto saliente del problema. Per citare solo una delle molte critiche avanzate da istituzioni internazionali, il comitato delle Nazioni Unite sull’eliminazione della discriminazione razziale (1), aveva notato nel 1999: “In aggiunta alla frequente mancanza dei servizi di base, l’abitare nei campi porta non solo alla segregazione fisica della comunità rom dalla società italiana, ma anche all’isolamento politico, economico e culturale”.
L’emergenza rom di oggi, e la percezione diffusa di insediamenti selvaggi e minacciosi, ha dunque a che fare con il mancato governo della questione, con la carenza di investimenti appropriati, con l’insistenza su misure ghettizzanti e stigmatizzanti. Nella maggior parte dei casi, si è preferito ignorare il problema, sperando che rom (e sinti) andassero ad accamparsi in un altro comune. Alla fine, il sonno della politica si è ribaltato nella politicizzazione dal basso della questione, con le rivolte dei residenti, gli incendi dolosi e la caccia a donne e bambini terrorizzati: prima dei fatti di Napoli, ricordiamo quelli di Opera.
Malgrado l’opinione diffusa, espellere i rom è tutt’altro che semplice, salvo violare norme europee e garanzie costituzionali. Basti pensare all’alto numero di minori. Neppure sgomberi e allontanamenti risolvono il problema: si limitano a spostarlo, o a riprodurlo in maniera ancora più precaria e derelitta.

D’altronde, anche affrontare l’argomento nominando un “commissario per i rom” suona in maniera inquietante, perché individua una minoranza etnico-linguistica come destinataria di misure ad hoc.

AL DI LÀ DEI CAMPI

Il conflitto apparentemente insolubile tra popolazione maggioritaria e installazione di gruppi rom e sinti in appositi “campi” richiede di spostare la discussione su un altro piano, ponendo a tema il superamento o almeno la flessibilizzazione della forma-campo, inteso come insediamento eterodiretto, numeroso, istituzionalmente controllato, di fatto permanente, collocato ai margini dei contesti urbani, scollegato da interventi adeguati di integrazione e promozione sociale. Servono invece soluzioni abitative plurime, negoziate con i diretti interessati e con le comunità locali. Servono poi progetti più ampi, che comportino il coinvolgimento e la responsabilizzazione dei destinatari, la condivisione di regole, la presenza di figure di mediazione e accompagnamento. Serve la repressione dei comportamenti illegali, senza criminalizzazioni collettive e pregiudiziali. Serve l’impegno di associazioni e operatori dotati di competenze specifiche. Serve l’investimento in progetti di avvio al lavoro e alla microimprenditorialità.

Il 2008, anno europeo contro le discriminazioni, è cominciato male e continuato peggio, ma potrebbe ancora conoscere uno scatto d’orgoglio, o meglio, di aderenza ai valori della nostra civiltà.

(1)Cerd, Committee on the Elimination of Racial Discrimination.

5/26/2008

Belpaese 2008: grida nel silenzio

È agghiacciante quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi in questo nostro paese. I campi rom di Ponticelli in fiamme, il nuovo pacchetto di sicurezza del ministro Maroni, il montante razzismo e la pervasiva xenofobia, la caccia al diverso, la fobia della sicurezza, la nascita delle ronde notturne offrono una impressionante fotografia dell'Italia 2008.
«Mi vergogno di essere italiano e cristiano», fu la mia reazione rientrato in Italia da Korogocho, nel 2002, all'approvazione della legge Bossi-Fini.
Questi sei anni hanno visto un notevole peggioramento nella società italiana, con la xenofobia cavalcata dalla Lega, vera vincitrice delle elezioni e incarnata oggi nel governo Berlusconi. (Posso dire questo perché sono stato altrettanto duro con il governo Prodi e con i sindaci di sinistra, da Cofferati a Dominici). Oggi doppiamente mi vergogno di essere italiano e cristiano.
Mi vergogno di appartenere a una società sempre più razzista verso l'altro, il diverso, la gente di colore e soprattutto il musulmano che è diventato oggi il nemico per eccellenza.
Mi vergogno di appartenere a un paese il cui governo ha varato un pacchetto-sicurezza dove essere clandestino è uguale a criminale. Ritengo che non sia un crimine migrare, ma che invece criminale è un sistema economico-finanziario mondiale( l'11% della popolazione consuma l'88% delle risorse) che forza la gente a fuggire dalla propria terra per sopravvivere.
L'Onu prevede che entro il 2050 avremo un miliardo di rifugiati per i cambiamenti climatici. I ricchi inquinano, i poveri pagano. Dove andranno? Stiamo criminalizzando loro?
Mi vergogno di appartenere a un paese che ha assoluto bisogno degli immigrati per funzionare , ma poi li rifiuta, li emargina, li umilia con un linguaggio leghista da far inorridire.
Mi vergogno di appartenere a un paese che dà la caccia ai rom come se fossero la feccia della società. Questa è la strada che ci porta dritti all'Olocausto (ricordiamoci che molti dei cremati nei lager nazisti erano rom!). Noi abbiamo fatto dei rom il nuovo capro espiatorio.
Mi vergogno di appartenere a un popolo che non si ricorda che è stato fino a ieri un popolo di migranti («quando gli albanesi eravamo noi»): si tratta di oltre sessanta milioni di italiani che vivono oggi all'estero. I nostri migranti sono stati trattati male un po' ovunque e hanno dovuto lottare per i loro diritti. Perché ora trattiamo allo stesso modo gli immigrati in mezzo a noi? Cos'è che ci ha fatto perdere la memoria in tempi così brevi? Il benessere? Come possiamo criminalizzare il clandestino in mezzo a noi? Come possiamo accettare che migliaia di persone muoiano nel tentativo di attraversare il Mediterraneo per arrivare nel nostro «Paradiso»? È la nuova tratta degli schiavi che lascia una lunga scia di cadaveri dal cuore dell'Africa all'Europa.
Mi vergogno di appartenere a un paese che si dice cristiano ma che di cristiano ha ben poco. I cristiani sono i seguaci di quel povero Gesù di Nazareth crocifisso fuori le mura e che si è identificato con gli affamati, carcerati, stranieri. «Quello che avrete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli lo avrete fatto a me».
Come possiamo dirci cristiani mentre dalla nostra bocca escono parole di odio e disprezzo verso gli immigrati e i rom? Come possiamo gloriarci di fare le adozioni a distanza mentre ci rifiutiamo di fare le «adozioni da vicino»? Come è possibile avere comunità cristiane che non si ribellano contro queste tendenze razziste? E quand'è che i pastori prenderanno posizione forte contro tutto questo, proprio perché tendenze necrofile?
Come missionario, che da una vita si è impegnato a fianco degli impoveriti della terra, oggi che opero su Napoli, sento che devo schierarmi dalla parte degli emarginati, degli immigrati, dei rom contro ogni tendenza razzista della società e del nostro governo . Rimanere in silenzio oggi vuol dire essere responsabili dei disastri di domani.
Vorrei ricordare le parole del pastore Martin Niemoeller della Chiesa confessante sotto Hitler: «Quando le SS sono venute ad arrestare i sindacalisti, non ho protestato perché non ero un sindacalista. Quando sono venute ad arrestare i Rom non ho protestato perché non ero un Rom.Quando sono venute ad arrestare gli Ebrei non ho protestato perché non ero un Ebreo... Quando alla fine sono venute ad arrestare me non c'era più nessuno a protestare».
Non possiamo stare zitti, dobbiamo parlare, gridare, urlare. È in ballo il futuro del nostro paese, ma soprattutto quello dell'umanità, anzi della vita stessa. Diamoci da fare perché vinca la vita.

Alex Zanotelli


2/22/2008

Happy Thinking Day!!!

Tanti auguri per la Giornata del pensiero!!!

2/19/2008

La Compa compie 8 anni!



Ho bisogno dello zaino
E della pazienza del cammino.
Ho bisogno di avere sete
E di avere fame
Ho bisogno di piantare il rifugio
e alla sera di spiantarlo
ogni mattina.
Ho bisogno del silenzio
Dei pezzi di strada fatti senza parole,
per accorgermi
che non devo avere paura di nulla,
nemmeno della mia debolezza


Buon Cammino Compagnia Vidar!

2/16/2008

Si riapre il campionato!!!

La Federazione Italiana Rugby ha deciso che quest'anno ai playoff ci vanno le prime 2 squadre del girone!!!! Quindi il Rugby Bari ha ancora la possibilità di "giocarsela"! Iniziamo Domenica allo stadio "Delle Vittorie" (ore 14.30) contro il Catanzaro....Quindi, anche se si preannunciano temperature tutt'altro che primaverili, fate un salto...ne varrà la pena!

1/24/2008

I 60 anni dalla Costituzione

Quando penso alla Costituzione, non posso non ricordare quello che disse il grande Pietro Calamadrei:
"Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra costituzione".

1/22/2008

Ciao Bulow!

In questi momenti così tristi per l'Italia, dove ministri e politici fanno cadere Governi a causa di vicende simil-familiari e di clan... è venuto oggi a mancare un grande Compagno...uno di quelli che ha fatto la resistenza..Arrigo Boldrini, nome di Battaglia Bulow (come il generale che fermò le truppe napoleoniche nell'800).
Boldrini è stato comandante della 28° brigata che ha liberato dai nazifascisti Ravenna, medaglia d'oro al valor militare e padre costituente che ha continuato per anni il suo impegno civile nel parlamento tra le file del PCI.
Pajetta l'ha definito "un eroe. Non è il soldato che ha compiuto un giorno un atto disperato, supremo, di valore. Non è un ufficiale che ha avuto un’idea geniale in una battaglia decisiva. È il compagno che ha fatto giorno per giorno il suo lavoro, il suo dovere; il partigiano che ha messo insieme il distaccamento, ne ha fatto una brigata, ha trovato le armi, ha raccolto gli uomini, li ha condotti, li conduce al fuoco".
È stato anche lo storico presidente dell'ANPI (l'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) e persona che pr anni si è battuto per fare si che i valori della Resistenza, della Libertà e della Democrazia espressi nella Costituzione divenissero realtà nel nostro paese..
Oggi lui se ne và e con lui se ne và anche un altro pezzo di Italia, di quella buona che ci ha fatto essere fieri di essere italiani e il cui esempio è fondamentale anche in questi tempi bui...
Ciao Bulow!

histats